Capuozzo e Firenze sono un binomio vincente: il primo ha portato gli azzurri al primo vero successo dell’era Crowley (espugnando Cardiff in Galles), la seconda è la sede della vittoria di maggior prestigio fino a ieri (Sudafrica, novembre 2016). Fino a ieri appunto perché il quindici azzurro ha avuto la forza e il coraggio di battere, per la prima volta in assoluto, i wallabies australiani, tra i maestri del rugby mondiale. I maligni parlano di una “Australia B”, con molte riserve, ma sappiamo benissimo quante squadre di qualità può mettere in campo la nazione gialloverde. Essere a livello di una sola squadra australiana è sicuramente indice di raggiungimento di buon livello da parte del rugby nostrano. “Una vittoria di questo tipo in un test-match ufficiale richiede anche di sapersi godere i momenti positivi”, ha esordito il tecnico azzurro in una conferenza stampa mai così affollata (venti anni fa eravamo in tre/quattro alla domenica sui campi della serie A rugbistica…, ndr). “C’è tanto da imparare da una gara come questa. Oggi i ragazzi hanno dimostrato che erano disposti a morire per la maglia, e questo è un valore importantissimo che va loro riconosciuto, e da cui partire sempre. Con l’Australia abbiamo peraltro esplorato alcune soluzioni nuove nel nostro gioco, che sono riuscite molto bene, sono davvero soddisfatto”. Ha poi proseguito il c.t. neozelandese: “Battere l’Australia è un grande risultato, lo sport a volte ti sorride facendoti vincere di un punto, altre volte no facendoti perdere per quello stesso punto. Il significato di un risultato così è importante per la gente, per il movimento, ma soprattutto per la squadra, che dà sempre il 110% in ogni singolo allenamento. Se lo meritano davvero, sono felice principalmente per loro”. Netta la considerazione di Crowley alla domanda sulla supposta sottovalutazione dello staff australiano per la formazione decisa alla vigilia: “Nessuna mancanza di rispetto: la rosa dei Wallabies è ampia, sono tutti atleti del Super Rugby, del Top 14, della Premiership, ed è giusto che un allenatore voglia mettere alla prova tutti nell’ambio di un tour come questo”. Sul progetto nato un anno fa: “È passato un anno da quando questo gruppo ha cominciato il suo percorso: stiamo costruendo la nostra identità, senza copiare o ispirarci a qualcun altro. È un percorso, che a volte può avere anche dei momenti negativi: vogliamo guadagnarci il rispetto dei nostri avversari, partita dopo partita, lavorando sulle nostre caratteristiche per metterle nelle migliori condizioni di esprimere appieno il nostro potenziale”. Anche per Michele Lamaro, sempre più “il Capitano”, un fuoco di fila di domande, in un mix tra racconto emotivo e analisi lucida: “Con Kieran (Crowley, ndr) stiamo lavorando tanto sulla performance, chiaro che vincere fa tutta la differenza del mondo, ma anche perdendo di un punto la prestazione della squadra non avrebbe avuto un valore inferiore. Onestamente la certezza di poterla portare a casa si è vista dall’inizio, sapevamo che facendo bene il nostro lavoro, gestendo al meglio anche i dettagli del nostro piano di gioco, saremmo stati in partita fino alla fine, e così è stato. L’atmosfera di Firenze è sempre speciale, si sente nell’aria che questa è una città di sport vera, e allo stadio tutta questa energia l’abbiamo sentita tantissimo. Quando indossiamo la maglia azzurra noi del resto vogliamo sempre dare il massimo per i nostri tifosi, ma così come oggi non siamo diventati super-eroi, a Batumi non eravamo diventati dei dilettanti”. Poi, la testa è a sabato prossimo: “Da oggi si comincia ad entrare con la testa al test col Sudafrica: dobbiamo proseguire nella costruzione del nostro progetto, lavorando e basta, e sapendo che anche con gli Springboks dobbiamo dare continuità alla nostra performance, senza focalizzarci sul risultato. L’Italia sta lavorando per riconquistare il rispetto di tutti, e questo passa solo per una continuità di prestazioni ad alto livello, che è esattamente quello su cui siamo focalizzati da mesi”.
Andrea Curti
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