Mentre siamo alle porte del match dei match per gli azzurri, venerdì sera contro gli All Blacks, spareggio per passare il turno, alcune considerazioni sulla World Cup di rugby vanno assolutamente fatte. In primo luogo, i secondi tempi stanno diventando devastanti per i vincitori e un autentico incubo per i perdenti; sulle 24 partite disputate sinora, ben 10 hanno visto, nella ripresa, un parziale a zero imbarazzante per chi lo subisce. Nello specifico: Italia-Namibia 35-0, Irlanda-Romania 49-0, Sudafrica-Scozia 12-0, Nuova Zelanda-Namibia 33-0, Samoa-Cile 24-0, Sudafrica-Romania 43-0, Italia-Uruguay 31-0, Francia-Namibia 42-0, Inghilterra-Cile 40-0, Galles-Australia 24-0. Seconda considerazione alla luce di questi dati: ci sono squadre cuscinetto simpatiche, volitive, ma sempre squadre cuscinetto restano, che hanno un divario tecnico spaventoso con i quindici di prima e seconda fascia (Namibia, Romania, Cile tanto per citarne qualcuna). E’ vero che le squadre più deboli vengono fuori da selezioni importanti, e quindi si meritano la qualificazione ad un Mondiale; tuttavia è inevitabile che il tasso tecnico si abbassi e che il divario tra le grandi e le piccole, piuttosto che accorciarsi, diventi siderale. Terza considerazione: l’Australia che perde con le Fiji e prende 40 punti dal Galles raccoglie dei campanelli di allarme ma permette alle altre di sperare in un futuro migliore, di sdoganarsi dal solito altezzoso ambiente d’elite. Per vedere i Wallabies fuori dal Mondiale bisognerà aspettate che i figiani battano le più deboli Georgia e Portogallo; sulla carta sembrerebbe una formalità ma nello sport la sottovalutazione dell’avversario resta una brutta bestia che può incidere negativamente nelle teste dei rugbisti in termini di attenzione e quindi rendimento, L’ultima considerazione riguarda l’Italia; vista la fine dei cugini australiani contro Fiji; viste la performance non così brillanti (da All Blacks per intenderci) della Nuova Zelanda contro i padroni di casa della Francia, perché non credere nel miracolo italiano, in Davide che sgambetta Golia, nell’usignolo che canta beato davanti allo spaventato ippopotamo e se ne va tronfio. Insomma, se le gerarchie nel rugby stanno avendo una parvenza di cambiamento, l’Italia potrebbe infilarsi nelle maglie larghe di altre squadre in crisi di gioco e risultati. E magari giungere a quel quarto di finale tanto agognato ma mai ottenuto nella storia della nostra Nazionale.

Andrea Curti