Si sapeva che l’Argentina non fosse le Fiji, che i Pumas rappresentino altra forza e sostanza rispetto agli isolani, che in termini di spazi i sudamericani non lascino nulla al caso. E le paure della vigilia, purtroppo, oltre ad una cabala che vedeva gli azzurri mai vittorioso con i sudamericani negli ultimi 10 anni, si sono puntualmente materializzate. L’Italia esce sconfitta 15-31 nel secondo test match (a Firenze) di questo novembre 2017 col rammarico di aver retto per un’ora all’onda d’urto argentina, grazie alla tigna del pacchetto di mischia e ai quattro calci di Canna e al drop di Violi, che hanno portato 15 punti in cascina ed una piccola illusione in testa. Poi, negli ultimi 20 minuti, con gli argentini oltre le zone di collisione bravi a mantenere il possesso dell’ovale, l’Italia ha ceduto di schianto, risultando senza energie fisiche sufficienti ad arginare i Pumas, implacabili al piede col man of the match Sanchez e nelle imbucate di Kremer e Tuculet. Intendiamoci, il match, o almeno la prima ora di match, si è basata sulla disciplina delle due squadre, con l’Italia brava in mischia ordinata ma in difficoltà nel’imporre il proprio territorio. Alla lunga però i Pumas sono venuti fuori per una miglior condizione fisica e allora l’ago della bilancia si è spostato in favore dei sudamericani. O’Shea, il cittì irlandese degli azzurri, si è detto soddisfatto della prova del suo XV e per certi versi gli si può anche dar ragione, ma per vincere un match al Six Nations 2018 ci vuole ancora un ulteriore step. Staremo a vedere, intanto sabato a Padova arrivano gli All Blacks: obbiettivo? Non prenderne troppi (di punti contro!).
Andrea Curti
Be the first to write a comment.