E’ finito il tour estivo della nazionale italiana di rugby: il bilancio è di due vittorie e una sconfitta, che hanno esaltato le luci ed ombre che il quindici di Crowley continua a mostrare, anche per la linea green della squadra. Forse ci si era illusi che l’affermazione, inaspettata e bellissima, in Galles avesse lanciato la nazionale di rugby verso quel ricambio generazionale di spessore che manca da anni. Peraltro proprio in questi giorni tre squadre del Sei Nazioni (Irlanda, Inghilterra e appunto Galles) erano riuscite a sconfiggere Australia, Nuova Zelanda e Sudafrica, tre tra le grandi del rugby mondiale. Quindi si poteva immaginare che l’Italia si cimentasse con i migliori contesti di gioco e in tal senso la vittoria a Cardiff ne dava lustro. Poi però il tour estivo ha riportato sulla Terra azzurri e tecnici. Il successo stentato contro i modesti portoghesi sembrava un primo campanello di allarme che invece la bella vittoria in Romania ha subito silenziato. Ma la sconfitta in Georgia, contro i locali che da anni contestano all’Italia di partecipare al Sei Nazioni al posto loro, è una ferita sanguinosa perché meritata. Una caterva di palloni sprecati, placcaggi fantasma e vuoti enormi in difesa hanno consentito alla Georgia di deridere l’Italia, alimentando quelle pretese che vorrebbero il Six Nations non un club a 6 chiuso ma aperto anche agli emergenti. La vittoria dei georgiani è quindi più una vittoria in prospettiva e politica che non sportiva. In ogni caso è una brutta pagina per il rugby azzurro.

Andrea Curti