di DANIELE POTO

Con il golpe di mezzanotte le ambigue proprietà di Juventus, Milan e Inter
(unitamente ad altri nove grandi club europei) hanno chiarito definitivamente da
che parte stanno. Non certo da quella del gioco, dello sport, dell’eguaglianza
competitiva, del fair play ma piuttosto del business, del marketing e del fatturato.
Una filosofia divergente che era già evidente da alcune mosse preliminari al blitz. Più
giustificabile l’ambiguità di chi gestisce la proprietà delle milanesi, decisamente più
criticabile il comportamento di Andrea Agnelli, pessimo erede di una dinastia, più
che mai padrone della regola dell’interesse del dividendo in un momento nel quale il
rendimento sportivo della Juventus sta toccando uno dei picchi più bassi del
decennio. Elidere la partecipazione al campionato nazionale in favore di una
Superlega come grande affare vuol dire rinnegare quella tradizione a cui pure Gianni
Agnelli formalmente s’inchinava. Ma del resto dal giorno della sua scomparsa le
mosse delle famiglie Agnelli-Elkannn tra liti per le eredità, scandali provocati da Lapo
e comportamenti scorretti assortiti, è stato tutto un susseguirsi di atti malevoli,
eticamente censurabili. L’unica direzione che vuole trarre la Superlega Europea è
quella di ripetuti scontri diretti tra le più forti, nel nome della potenza economica e
non del merito. Un pugno in faccia a squadre come l’Atalanta con il rigetto dei vivai
in nome di contratti insensati come quello stipulato con Ronaldo. Giustamente
questa scelta è stata etichettata come “la fiera dell’avidità” perché quello inseguito
e propugnato è solo il Dio Denaro. Con questa politica verticistica il calcio va
puntualmente verso la propria dissoluzione non scongiurando un fallimento che è
già in atto per i disastrosi conti economici delle società, per gli stadi chiusi.
Un’escalation che a suo tempo ha costretto anche un tycoon come Berlusconi a
uscire dai giochi ripiegando sui più miti conti del Monza. Vedremo se la piccata
reazione di Federcalcio, Uefa e Fifa, produrrà qualche effetto e un’ipotetica quanto
ipocrita marcia indietro. Ma il re a questo punto è nudo e non sarà una frettolosa
rivestizione a cambiare l’ordine delle cose.