Nella città vocata al calcio (Roma) stanno per scattare gli europei di atletica leggera
e c’è da chiedersi se la città se ne sia accorta, complice l’alto prezzo dei biglietti per
assistere alla manifestazione. Del resto si sa che lo sport dal vivo, sia pure nella
fruizione passiva degli spettatori, è sempre meno gettonato. Per il resto c’è la
televisione sul doppio binario Rai-Sky ad accontentare i milioni di utenti che si
accontenteranno del piccolo schermo. Roma organizzò gli europei nel 1974 ma a
distanza di cinquanta anni lo scenario internazionale, cornice dell’evento, è
completamente cambiato. E non solo perché una volta c’era Nebiolo ed oggi c’è
Mei. L’Olimpiade incombe e qualche nazione di punta (Francia, Gran Bretagna), ha
imbottito di riserve i propri organici puntando sull’evento di Parigi. Non può essere
questo per definizione il caso dell’Italia, nazione organizzatrice, che deve schierare
tutti i propri assi magari per raccogliere l’auspicata pole position nella classifica per
nazioni. Un corroborante che fa sempre bene al morale del Paese anche se si
devono misurare le assenze e il rimpicciolimento del’Europa nello scacchiere
mondiale vista la preponderante assenza degli Usa ma anche dei corridori africani.
In questa occasione non dobbiamo certo scoprire i Tamberi e gli Jacobs (che peraltro
non hanno certo la medaglia d’oro in tasca, tutt’altro) ma quelle forze medie del
nostro movimento chiamate al salto di qualità per dimostrare che l’Italia è una vera
squadra, pur con le consuete croniche debolezze (vedi lanci maschili, escluso il
peso). Se ci ritroveremo nel carniere una ventina di medaglie e una quarantina di
finalisti non dovremo urlare al mondo il nostro trionfo ma procedere sulla rotta
dell’impegno più importante. Perché nel 2025 tutti si ricorderanno di Parigi 2024 e
non di Roma, europei nello stesso anno.
DANIELE POTO