L’ultima classifica ATP ci dice che l’Italia conta 7 giocatori nei primi 48 del mondo, e 4 sono addirittura teste di serie allo Slam newyorkese; tutti sono giovani e appartengono all’onda Sinner, cioè in qualche modo hanno beneficiato della leadership mondiale dell’altoatesino. Stiamo parlando del toscano Musetti, numero 18 e 22 anni, del ligure Arnaldi, n.30 e 23 anni, e del romano Cobolli, n.31 e 22 anni. Al numero 37 poi c’è l’italo argentino Darderi, 22 anni anch’egli, e il marchigiano Nardi, n. 90 a 21 anni, mentre della “vecchia guardia” (se di vecchia si può parlare alla loro età) fanno parte il romano Berrettini, n. 44 e 28 anni, e il torinese Sonego, n. 47 e 29 anni. Gli altri, quelli di un decennio fa, eccezion fatta per il ligure Fognini, forse il più talentuoso, risalito al 71 a 37 anni dopo un peregrinare nei challenger, non c’è più traccia ad alti livelli. Cercano di emergere dai challenger ma non riescono proprio a uscire dalle paludi della bassa classifica, pur non avendo subito grossi problemi fisici; eppure in Davis avevano giocato bene (come il ligure Mager, ex n. 62 ora 265 a 29 anni)  e anche nei tornei si erano fatti valere. Ad esempio il palermitano Cecchinato era stato il primo nel 2018 a raggiungere una semifinale Slam 40 anni dopo l’ultimo italiano (Barazzutti) e a vincere altri tre tornei arrivando a n.16 del mondo, prima di cadere nell’oblio e sprofondare oltre i primi 400 del mondo (oggi è 350 a quasi 32 anni), un insulto al suo tennis e a quello che potrebbe fare con i mezzi tecnici a disposizione. Anche più giù è precipitato il corregionale Caruso, lottatore della terra rossa inabissatosi a 31 anni al numero 576 dopo esser stato 76. Vivacchia l’ascolano Travaglia, ex n.60 oggi 277 a 32 anni, ma è inspiegabile anche questo caso, visto che nei primi 100 ci sono giocatori assai più inguardabili dei sopra citati. Esempi? Il portoghese Borges è 34, l’argentino Navone è 36, lo spagnolo Martinez è 43, gli americani Giron, Michelsen e Nakashima sono rispettivamente 46, 49 e 50, l’austriaco Ofner è 56, il russo Kotov è 60, e la lista si allunga con gli australiani Hijikata, Duckworth, O’Connell e Walton ( 62, 70, 90 e 95), l’indiano Nagal (73), il belga Bergs (80), gli argentini Carabelli e Tirante (93 e 94). Non sono certo dei fenomeni i giocatori appena menzionati, ma non vedere la generazione pre-Sinner a certi livelli è un mistero della fede.

Andrea Curti