I casi di contagio da Covid-19 (variante Delta) sono in aumento in Giappone, persino all’interno del villaggio olimpico, eppure lui, il numero 1 del mondo, il serbo Djokovic, è determinato a portare a casa lo storico Golden Slam, ovvero i quattro tornei del Grande Slam (Melbourne, Parigi, Londra e New York – ancora da disputare – ) più la medaglia d’oro olimpica. Così ci sarà per il torneo sul cemento che assegna le medaglie (che partirà proprio domenica 25 prossimo), ed è stra-favorito. Sia perché a Wimbledon ha dimostrato di essere ampiamente il più forte sia perché il coronavirus ha fatto fuggire 24 dei primi 50 del mondo, una serie significativa di aspiranti che comprende Nadal, Federer, Thiem, Kyrgios, Shapovalov, Bautista, De Minaur (purtroppo positivo al Covid-19), Dimitrov, Goffin, Evans, Wawrinka, Krajinovic e via dicendo. Forse sul caldo cemento nipponico le caratteristiche tecniche del greco Tsitsipas possono risultare insidiose per il raggiungimento del suo obiettivo, anche i bombardieri russi capitanati da Medvedev (con Rublev, Khachanov e Karatsev) potrebbero dare qualche grattacapo, o magari lo stesso tedesco Zverev se in giornata top. Fatto sta che l’unico avversario sinora ostico per Djokovic è stato Berrettini sia a Parigi che a Londra, ma il tennista romano dopo la finale di Wimbledon ha accusato un problema muscolare alla gamba sinistra che lo costringerà a 15 giorni di riposo assoluto. Pregiudicare gli US Open e soprattutto le ATP Finals di Torino, oltre che la Coppa Davis, sarebbe pura follia. Dunque è una rinuncia forzata, che si creda o no ai social, e ben diversa da quella di Sinner, che invece si era chiamato fuori già un mese fa causa il periodo di appannamento fisico e mentale nel quale l’altoatesino è caduto. Ma i “cavalli” della scuderia Piatti non sono nuovi al poco attaccamento al tricolore, la storia ci dice che Furlan e Caratti ne hanno impiegato di tempo prima di accorgersi del valore intrinseco di una convocazione Davis, con lo stesso Piatti in continuo disaccordo col mondo federale di allora. Così le speranze per l’Italia nel singolare maschile si assottigliano enormemente: Fognini, in netto calo nei tornei piccoli, sembra l’unico in grado di trovare le motivazioni giuste per fare fuoco e fiamme, mentre Sonego (che nel miglior Wimbledon di carriera non ha approfittato di un Federer marcatamente non più lo stesso) e Musetti (che dopo la maturità non ha ancora ottenuto buoni risultati) non danno all’apparenza una grossa percentuale di centrare una medaglia olimpica che nel tennis italiano manca da un secolo circa (De Morpurgo, bronzo a Parigi 1924). Non è che nel singolare femminile siamo messi meglio: tra la Giorgi, la Paolini e la Errani soltanto la prima ha attitudini da veloce, e conoscendola tutto può succedere se “imbrocca” la settimana giusta. Pure tra le donne si contano molte defezioni, 16 tra le prime 50 del mondo, ovvero Halep, Kenin, Andreescu, Azarenka, Serena Williams, la Kerber, la Kasatskina, la Gauff (positiva). Sarà un torneo anormale come ormai da un anno e mezzo a questa parte, senza pubblico e con l’incubo contagio “on air”: la salute prima di tutto, ma Djokovic e la sua determinazione tirano dritto.
Andrea Curti
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