Non ce ne è per nessuno: dodicesima vittoria consecutiva da inizio anno (Adelaide e Melbourne), due soli set persi e una dimostrazione di forza senza precedenti. Il serbo Djokovic si getta alle spalle (forse…) la parentesi covid e torna sul luogo del “delitto”, quell’Australia che nel 2022 lo rispedì al mittente per le sue strategie no-vax, portandosi a casa in sequenza il 22° Slam, il 10° sul cemento aussie, il numero uno delle classifiche mondiali di nuovo e la 374ma settimana da Re del tennis. Insomma, record su record, come lui mai nessun altro nel circuito. E ora ha rimesso pure la sua racchetta al centro del villaggio. Perché Djokovic, ristabilitosi fisicamente e (speriamo) mentalmente, può con estrema scioltezza puntare al Grande Slam, non ci sono ancora avversari al suo livello. Nadal sembra andato, anche se sul rosso può ancora far paura, e Tsitsipas, comunque bravo ad arrivare alla finale australiana, pare soffrire di personalità di fronte al serbo, se non soggezione. Di sicuro il greco, e durante il match si è visto, prova frustrazione per un ricambio generazionale che può avvenire solo se Djokovic molla la presa, e al momento il campione serbo non ci pensa proprio. Anzi, le sue lacrime tra le braccia della mamma a fine partita, per uno che va verso le 36 primavere, sanno tanto di nuovo scenario che si apre, nuove possibilità, infinite se gioca sempre così, con  questa intensità, con questa concentrazione. Vedremo in avanti cosa succederà; di certo Parigi (da fine maggio), Londra (da inizio luglio) e New York (da fine agosto) potrebbero consegnargli uno Slam che manca tra gli uomini dal 1968. Tanto le olimpiadi quest’anno non ci sono.

Andrea Curti