Sul cemento australiano, nella nottata italiana (match previsto per le 4.30 del mattino), Matteo Berrettini dal Nuovo Salario tenta l’approccio alla storica finale degli Australian Open, laddove nessun azzurro (nella storia del tennis italiano) ha mai osato tanto. Dall’altra parte della rete ci sarà l’iberico Nadal, l’highlander Nadal, unico superstite dei fab four dopo la ripartenza forzata di Djokovic verso i lidi amici. Inutile dire che è un match difficile, quando si arriva alla semifinale l’avversario è sempre di prim’ordine, ma il tennista romano ha più di una chance di approdare alla finalissima. Dall’unico precedente diretto, datato 7 settembre 2019 semifinale Us Open e tre set a zero per lo spagnolo, ne è passata di acqua sotto i ponti, e le condizioni attuali sono diverse da allora, pandemia a parte. Innanzitutto Berrettini era numero 24 del mondo e Nadal 2, oggi Berrettini insegue il maiorchino in classifica poiché sarà almeno 6 (da lunedì) mentre Nadal è sceso a 5. Poi l’azzurro ha sicuramente acquisito più esperienza ad alti livelli stazionando costantemente nella top-ten del ranking, con la ciliegina sulla torta della finale di Wimbledon e della partecipazione al Masters di Torino. Il tipo di gioco è sicuramente agli antipodi: Nadal fa della vigoria fisica e delle scudisciate di diritto la sua forza bestiale, Berrettini invece è tutto servizio e diritto, con la “falla” di un rovescio bimane che fa fatica a tal punto da convincere coach Santopadre ad impostargli il back, almeno sulle superfici rapide. Certo, il rovescio tagliato è più un colpo di difesa che non di attacco, e spesso il diritto di Berrettini invade la parte sinistra del suo campo per essere più incisivo, ma ciò finisce per lasciare incustodita la parte destra, e le gambe del tennista azzurro non girano alla stessa maniera di quelle di Nadal. Però lo spagnolo fisicamente non è più quello di due anni fa, anche lui (come Berrettini) ha subito infortuni a gogo, confessando addirittura il suo timore di dover attaccare la racchetta al chiodo alla fine del 2021. E invece, nonostante dolori addominali dovuti al caldo estivo australiano, Nadal  è ancora lì, a lottare contro se stesso e contro l’avversario di turno, e la vittoria acciuffata con le unghie contro il mancino Shapovalov testimonia come il tennista spagnolo, 36 anni a giugno, voglia ancora dire la sua, con l’obiettivo di centrare quel 21° Slam che lo porterebbe in testa alla speciale classifica (Djokovic e Federer sono fermi a quota 20 Slam). Contando il torneino 250 di Melbourne, ora Nadal viene da nove vittorie consecutive sul cemento outdoor ma agli Australian Open l’iberico vanta un solo successo nel lontano 2009 e quattro finali nel 2012, 2014, 2017 e 2019. E’ più terraiolo Nadal e questo lo sanno tutti, ma in carriera ha raggiunto dei risultati insperati persino sull’erba di Wimbledon dove, in un arco temporale di 6 anni, dal 2006 al 2011, ha conquistato due titoli e tre finali. Erano i suoi anni d’oro, specie il 2010 dove fece i tre quarti di Slam, senza ovviamente lo scalpo australiano. Berrettini all’epoca lo ammirava dalla televisione e magari sognava di emularne i successi. Oggi invece affrontare lo spagnolo in un’altra semifinale Slam è la realtà dei fatti e se contro l’arrotino Alcaraz e il presuntuoso Monfils l’azzurro ha tirato fuori tutte le energie mentali per uscire dalle sabbie mobili di match complicati, contro Nadal servirà anche uno sforzo fisico maggiore. Perché Nadal, col suo palleggio in top esasperato, alla lunga logora gambe e braccia dell’avversario. Insomma, Nadal nonostante tutto sembra favorito, anche perché Berrettini contro i primi cinque in classifica ha vinto una sola volta (contro Zverev, Roma 2019) vantando un 0-4 contro Djokovic, 0-3 contro Medvedev, 1-4 contro appunto Zverev, 0-2 contro Tsitsipas e 0-1 contro Nadal. Ma le tendenze sono fatte anche per essere invertite. E forse è arrivato il momento.

Andrea Curti