Non c’è stato ancora il passaggio di testimone (e chissà se ci sarà mai) da un romano all’altro, tuttavia il dopo Australian Open riserva al tennis azzurro la bella sorpresa (già annunciata dalla sconfitta del russo Rublev nei sedicesimi di finale contro il croato Cilic) della sesta piazza della classifica mondiale presa d’assalto da Matteo Berrettini, giunto a Melbourne all’ennesima semifinale storica, stoppato solo dalla furia agonistica di Rafa Nadal. Le statistiche dicono che Adriano Panatta è stato 4 del mondo il 24 agosto del 1976 ma in realtà era l’unico a battere o mettere in seria difficoltà la macchina Borg, grazie ad un gioco brioso, d’attacco, dove spiccava la meravigliosa “veronica”. Berrettini è lontano anni luce da quel gioco così come il tennis di allora è distante anni luce da quello odierno, in cui Berrettini comunque si trova a meraviglia: gran servizio e diritto devastante, due colpi che spesso gli hanno la vittoria, accompagnati anche da una buona sensibilità sotto rete, alto e grosso com’è. Però anche Berrettini ha il suo tallone d’Achille, un punto debole che è il rovescio, o meglio c’è troppo divario tra il suo diritto e il suo rovescio, un martello il primo e una piuma il secondo. Se velocizzerà quel fondamentale allora Berrettini potrà ambire ai primi tre posti del podio, altrimenti sarà dura fare di più. Soprattutto perché davanti a lui ci sono giocatori con cui sinora ha perso 14 partite su 15, tennisti obiettivamente più completi come Tsitsipas e Zverev ad esempio, senza contare gli highlander Djokovic e Nadal che prima o poi dovranno cedere il passo, anche se questo benedetto ricambio generazionale pare sempre una chimera. Per il futuro del tennis italiano non dimentichiamo ovviamente Sinner, che ha 4 anni e mezzo di vantaggio rispetto a Berrettini per colmare il gap di esperienza che pone l’altoatesino indietro in classifica (pur essendo già un top-ten!) non tanto dal punto di vista tecnico quanto nella gestione della partita; spesso il ragazzo perde quella costanza di alto rendimento che lo induce a fare le montagne russe all’interno di uno stesso set. Basterà un supertecnico (un grande ex giocatore) per migliorarne il gioco di volo, che è la pecca tecnica più grande di Sinner? O a Sinner, come a Berrettini, serve altro? Parafrasando Battisti, lo scopriremo solo vivendo.

Andrea Curti