La finale di Miami va meritatamente al polacco Hurkacz, primo nella storia del suo Paese a vincere un Masters 1000 (senza peraltro strafare) contro colui che chiamano il predestinato, ovvero l’altoatesino Sinner. E’ meritata la vittoria del tennista polacco per quello che ha fatto vedere in settimana, eliminando bum-bum Shapovalov e due top-ten come il dio greco Tsitsipas (il polacco era sotto un set e un break nel secondo…) e il truce russo Rublev, e per quello che si è visto in campo nella finale, limitandosi ad aspettare un Sinner, in preda sempre alla sua solita smania di fare vincenti su vincenti, strategia andata bene nei turni precedenti. Ma non oggi: i 40 errori del tennista altoatesino sono testimonianza da una parte di presunzione (perché non è né Nadal né Agassi e né altri ma semplicemente Sinner), dall’altra di un bagaglio tecnico limitato ai fondamentali senza variazioni di gioco (alla Musetti per intenderci), che contro uno come Hurkacz e nel tennis più in generale servono come il pane. Già dalle prime battute si è visto il canovaccio del match, con Sinner intento a tirare tutto, anche i frigoriferi a bordo campo, e l’amico polacco (che vive in Florida con cui si allena spesso e gioca qualche volta il doppio) lì a remare aspettando il momento buono per colpire. E un rovescio in corridoio di Sinner gli fa subire il break nel suo primo turno di servizio, con Hurkacz che sale 3-1 senza strafare. Poi la fiammata del 19enne tennista italiano che risale la china prendendo coraggio, recuperando il break di svantaggio con le sue accelerazioni che lo hanno portato sino alla finalissima, issandosi addirittura sul 6-5 e battuta, a servire per il set. Ma oggi anche il servizio è Giuda, traditore per tutto l’incontro. Così Hurkacz porta l’amico al tie-break senza perdere un quindici e qui riappare Giuda: Sinner fa soltanto due punti su sei con la propria battuta e la prima frazione va al polacco. Che dilaga nella seconda frazione: il tennista polacco continua nella sua tattica conservativa e Sinner sembra un cucciolo di tigre smarrito nella notte buia della foresta amazzonica. Hurkacz va avanti 4-0 con due break sopra, ha due palle del 5-0 ma il tigrotto Sinner ci mette cuore e lentamente risale la china di nuovo sino al settimo gioco accorciando le distanze (meno un break). L’amico polacco, sul proprio servizio, cerca di abbreviare gli scambi e raggiunge il 5-3. Sinner accorcia 5-4 ma è maledettamente tardi, troppo tardi. L’azzurro non riesce ad imbastire delle risposte efficaci, anzi per tre volte sbaglia col diritto e il trionfo è tutto per Hurkacz che, dopo un’ora e 46 minuti complessivi, porta a casa un sacco di dollaroni e una classifica da 16 del mondo. Sinner, dal canto suo, con la finalissima raggiunta, balza al numero 22 del ranking, che va bene pensando che due anni fa il ragazzo altoatesino era intorno al 500, che non va bene, per niente bene, pensando che si è giocato una finale di un Masters 1000 (il primo senza uno tra Djokovic, Nadal e Federer da Parigi-Bercy del 2004) con il numero 37 del mondo. Ricapiterà? Per il momento lasciamo stare i paragoni stile Borg-McEnroe, francamente c’è più di una galassia di distanza…

Andrea Curti