Missione compiuta: l’Italtennis approda alle finali di Coppa Davis (che si terranno a Malaga a fine novembre) in virtù dei successi in singolare del ligure Arnaldi e del torinese Sonego sui due avversari svedesi più deboli del girone, ovvero il piccolo Borg, figlio d’arte ma tennisticamente parlando nemmeno lontano parente di papà Bjorn (il ragazzo è ben oltre la 300ma posizione del ranking) e il peggiore dei fratelli Ymer, Elias, numero 175. Gli azzurri passano come secondi del raggruppamento bolognese in quanto il Canada ha vinto tutti e tre gli incontri e se, i canadesi, da una parte sono stati “cattivoni” con i tennisti italiani, ridimensionandoli di brutto, dall’altra hanno graziato l’Armata Brancaleone azzurra battendo i cileni che, alla fine, sono risultati gli antagonisti maggiori per il passaggio del turno. Ma i problemi tecnici restano. Innanzitutto la non gestione del gruppo da parte di Capitan Volandri che permette tutto alle primedonne della racchetta; una volta si diceva “questa casa non è un albergo”, certo dalla Nazionale è imbarazzante entrare e uscire quando si ha voglia. O dentro o fuori. Secondo, Volandri non riesce mai a mettere in campo la formazione migliore ma segue solo la classifica; l’Italia ha la formazione di Davis più forte degli ultimi 30 anni e, se non vince a Malaga l’Insalatiera, indipendentemente da chi risponderà presente, dovrà (il cittì) necessariamente cambiar mestiere. Terzo: il doppio. Per uno come Volandri che anche in carriera non lo ha mai amato per caratteristiche tecniche, resta la sua pecca più sanguinosa, inventando soluzioni al momento senza senso, lasciando i doppisti in tribuna per far posto ai singolaristi (che ne giocano due all’anno e con partner diversi). Con questa formula della Coppa Davis con tre incontri (2 singolari e 1 doppio), formare una coppia azzurra di qualità è un must che deve partire da inizio anno, senza creare dal nulla chissacchè di strabiliante. Noi prenderemmo un altro capitano anche se vincesse la Davis, ma vallo a trovare un altro “allineato e coperto”.

Andrea Curti