ROMA – Sembrava una parabola discendente quella di Nole Djokovic, partito a gennaio 2018 col pettorale numero 12, ad aprile era 13, a giugno addirittura 22, con abbandono di coach (Boris Becker prima, Agassi e Stepanek dopo), in confusione tennistica, con diversi acciacchi fisici e forse anche mentalmente poco presente, con l’utilizzo (mai confermato e mai smentito) di una dieta vegetale piuttosto che carne e altri alimenti più sostanziosi per chi fa attività fisica, specie a grandi livelli. Sembrava insomma sul viale del tramonto o giù di lì Djokovic dopo la spallata al Roland Garros inflittagli da Marco Cecchinato, il Carneade del torneo parigino che poi si è confermato a grandi livelli. Invece il serbo ha avuto la straordinaria forza di reagire agli eventi e alle avversità, non si è lasciato andare, non si è fatto sfilare in classifica ma ha ripreso il suo primo allenatore (Vajda) che lo conosce bene e si è rimesso a macinare gioco e avversari. Così ha risalito la china piuttosto in fretta. Ha vinto Wimbledon a luglio e, da Toronto (sconfitta con Tsitsipas) a ieri (sconfitta con Khachanov), ha inanellato 22 vittorie consecutive sul veloce, vincendo a Cincinnati, a Shangai e soprattutto agli US Open, il che significa mezzo Slam all’attivo. Una resurrezione per certi versi incredibile per il 31enne di Belgrado (che vive a Montecarlo per meri fini fiscali), forse facilitata anche dagli infortuni di un Nadal che comunque è sempre lì, così come Federer e i suoi 37 anni tra autogestione tennistica e familiare (e il suo 100° torneo in carriera che non tarderà ad arrivare). Le statistiche dicono che Djokovic è il primo tennista a diventare number one in una stagione in cui era fuori dai primi 20 del mondo diciotto anni dopo il russo Safin che nel 2000 passò dal n. 38 appunto al n.1. Oltre alla sua famiglia, il tennista serbo ha dedicato la sua scalata all’amico Fiorello:  “Voglio ringraziarlo perché mi ha dato molti buoni consigli. Grazie ‘Fiore’, mi hai aperto una dimensione della vita che è straordinaria”. A volte basta guardarsi attorno per trovare la felicità.

Andrea Curti