Un italiano a Rotterdam non arrivava in finale da 32 anni, da quando cioè il bolognese Camporese non si prese il lusso di battere Sua Maestà Lendl annullandogli anche due match-point. Era il lontano 1991 e il tennis italiano non aveva così tante frecce nel suo arco come oggi. Già, oggi ci voleva un Sinner diverso per abbattere il muro Medvedev, di sicuro meno falloso in certi tratti dell’incontro. Eppure il match aveva preso una bella piega per l’altoatesino, volato sul 4-1 dopo il break nel quarto gioco, complice anche un Medvedev che si piazzava sei metri e più oltre la linea di fondo. Quando poi il russo ha sperimentato le palle corte vincenti del new Sinner allora ha capito che forse era meglio entrare in campo, e la musica infatti è cambiata. Il russo ha ripreso in mano la gara sino al 5 pari, poi è salito di nuovo Sinner che, attaccando, si è portato a casa il primo set. Ma Medvedev oggi è un muro invalicabile, imitando Berrettini con lo schema servizio-diritto, non sbagliando più nulla e in un batter d’occhio il russo ha lasciato a due l’azzurro nella seconda frazione. L’inerzia della partita ormai era girata in favore del moscovita mentre Sinner arrancando, cercava alternative (che non trovava) alle variazioni di palla del suo avversario, e commetteva una serie di errori non forzati, segno anche di una stanchezza accumulata in settimana per aver battuto soprattutto il dio greco Tsitsipas. Quindi Medvedev ha chiuso con altro 6/2 portando a casa il suo 16° trofeo e rientrando tra i primi dieci del mondo. Sinner, dal canto suo, resterà 12 ma si può accontentare della nona finale in carriera raggiunta a 21 anni e mezzo, come lui solo Gaudenzi e Volandri nella amata Penisola. Ma loro sono in pensione, Sinner ne ha di tempo per andare ben oltre.

Andrea Curti