Per chi segue il tennis dei challenger il nome di Luca Nardi non è quello di un Carneade, così come per gli addetti ai lavori, che lo seguono da anni; un ventenne di belle speranze, si è sempre detto, Ma il marchigiano, ad Indian Wells, l’ha fatta grossa, battendo addirittura il numero 1 del mondo, l’inarrivabile serbo Djokovic, e lo ha fatto da lucky loser, ripescato cioè dopo aver ceduto all’ultimo turno delle qualificazioni dal belga Goffin. Peraltro Djokovic non perdeva da un giocatore così in alto in classifica (Nardi è 123) dal 2008, a Miami, quando il serbo si fece sorprendere dal sudafricano Anderson allora 122, quindi l’impresa è più che sorprendente, stupefacente. Ma attenzione a pensare che il Djokovic di oggi sia quello di qualche anno fa, non perché abbia perso da Nardi bensì perché non ha profondità di palla, non ha quella pesantezza che contraddistingueva il suo palleggio, e soprattutto avendo 37 anni non riesce fisiologicamente a tener testa ai 19-20enni. Sinner e Alcaraz sono i primi a gioire del declino di Djokovic ma il futuro sorride al pesarese Nardi che, come il ligure Arnaldi (simili nel gioco, nel fisico e nel coraggio), ha parecchi assi nella manica da giocare. Intanto le sue dichiarazioni a fine match descrivono la semplicità di un ragazzo che riesce a battere l’idolo personale, il cui poster è ben inchiodato sui muri di casa: “Penso che prima di questa notte nessuno mi conoscesse, spero che il pubblico abbia apprezzato lo spettacolo. Sono super contento di questa partita. Alla fine non so come sono riuscito a tenere duro, forse è un miracolo, perché sono un ragazzo di 20 anni, fuori dai primi cento al mondo, che è riuscito a battere Novak. È pazzesco“. Adesso per il ragazzo marchigiano negli ottavi di finale, c’è l’americano Tommy Paul, uno che attacca e che gioca molto bene; intanto Nardi si gode la vittoria incredibile ma frutto della sua maturazione, di uomo e di tennista, e tutto quel che verrà è di guadagnato.

Andrea Curti