Con l’inizio del torneo delle qualificazioni, che tradizionalmente si svolge sui campi del Bank of England Sports Ground, a Roehampton, ha aperto i battenti l’edizione 2023 di Wimbledon, che ogni anno tira fuori dal cilindro dei parrucconi dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club sorprese nemmeno troppo sobrie, tipo l’eliminazione arbitraria dei giocatori e giocatrici russe dai tabelloni principali. Di tradizionale è rimasto il grugnito di stupore dei presenti sui campi per punti spettacolari, il finto perbenismo dell’elite britannica e le coppette di “strawberris and cream”, volgari fragoline con panna che hanno fatto la fortuna di uno chef con poca fantasia (1509, banchetto del Cardinale Worsey) e dei rivenditori autorizzati che a peso d’oro bucano le tasche degli entusiasti a prescindere. Ma l’erba è l’erba. C’è chi se la fuma e chi si rotola sopra inseguendo un sogno o per volleare alla beckeriana maniera. Le qualificazioni oggi sono qualcosa di più di un semplice accesso al torneo dei tornei, ma è un torneo nel torneo. Già perché, anche non accedendo al secondo turno, ovvero pur essendo eliminato al primo turno delle “quali”, magari un pallettaro che respira solo terra rossa, un atleta, maschietto o femminuccia che sia, intasca 12.750 sterline britanniche che al cambio di 1,17 Euro, fanno 14.917,50 euro, che tanto bruscolini non sono. passare un turno delle qualificazioni equivale ad avere un assegno di 25.427,50 euro mentre accedere al primo turno del tabellone principale significa prendere soldi per il passaggio dalle qualificazioni (terzo turno, 42.120 euro) più quelli del primo turno (64.350 euro), ovvero facendo i conti della serva, il conto lievita a 106.470 euro. Per molti giocatori soltanto il montepremi del primo turno del tabellone principale, 64.350 euro, rappresenta la svolta economica dell’anno, ecco perché ci si “scanna” per esserci. Ecco perché tanti tennisti infortunati benché da tanto tempo, fanno di tutto per “timbrare il cartellino” sui prati londinesi e risorgono dalle ceneri dei loro dolori. La tradizione è bella sì, ma avere la pancia piena lo è di più, d’altronde il professionismo è così, al di là di qualsiasi illazione. Allora sarà felice il serbo Djokovic a cui, più del saliscendi tra la prima e la seconda piazza del ranking per colpa del nino Alcaraz, interesserebbe catalogare questo Wimbledon come il suo 23° Slam in carriera (superando tutti i leggendari), l’ottavo successo a Londra (eguagliando il record del compianto svizzero Federer), e il terzo Slam della stagione. Come nel 2021 quando il cattivone sovietico Medvedev, ora “detronizzato” perché presentato senza bandiera alcuna, interruppe il sogno di una vita di Djokovic, ovvero vincere il Grande Slam che, a livello maschile, manca da più di 50 anni (col mancino Laver) mentre la Signora Agassi, alias Steffi Graf, ha accorciato i tempi col suo poker storico nel 1988. Il campione serbo è il grande favorito alla vittoria finale considerando anche che l’ultima sconfitta sull’erba londinese risale ai quarti di finale contro il ceco Berdych nel 2017, il che significa che non perde da 5 anni, 4 se si pensa che il 2020 i Championships non si disputarono per il covid (quindi dal 2018, 28 partite vinte su 28 a Wimbledon!). Certo, i 2 milioni 749 mila e 500 euro riservati ai vincitori dei due tabelloni di singolare (maschile e femminile) non faranno certo ribrezzo a Djokovic, è la fetta più grande della torta britannica, tuttavia (forse) a 36 anni entrare nella leggenda del tennis mondiale è uno stimolo ancora più grande.

Andrea Curti