Piede destro a spazzolare la linea di fondo, racchettata sulle scarpe per togliere la terra rossa e scivolamento della terza pallina verso il raccattapalle più vicino, rimbalzo della pallina con la mano sinistra e con la destra si tira l’elastico dello slip, e sempre con la destra si tocca la spalla sinistra e la spalla destra, poi il naso, orecchio destro e orecchio sinistro, e finalmente ecco la prima palla di servizio. Quasi un parto questa operazione, aggiungendo anche il posizionamento schematico delle bottiglie di acqua ai cambi di campo. Tutto ciò non lo vedremo più. Ma sarebbe riduttivo pensare soltanto ai tic di Nadal, lo spagnolo è stato molto di più. E’ stato perché lui stesso, con un video sui suoi canali social, ha annunciato che, dopo la Coppa Davis di novembre (dove dovrebbe – il condizionale è d’obbligo – giocare il doppio in coppia con Alcaraz), attaccherà la racchetta al chiodo, età e dolori fisici mai sopiti lo impongono. Il suo palmares però resta. Per lui parlano i 92 titoli in carriera tra cui 22 slam vinti, 14 dei quali al Roland Garros, praticamente imbattibile sul rosso, un dominio alla Borg, alla Lendl, alla Bruguera, durato assai di più (la prima vittoria è tardata 2005, l’ultima 2022), implacabile contro chiunque, numero 100 o 2 del mondo, Già perché lui, Nadal, è stato numero 1 del mondo, tra il 2009 e il 2020, per 209 settimane in cui le statistiche fredde e precise ci spiaccicano 174 partite vinte e appena 34 perse. Un “mostro”, numericamente parlando. Ma ciò che, a nostro modesto avviso, è strabiliante della carriera di Nadal è l’aver sdoganato Wimbledon: prima della doppietta 2008-2010 dell’iberico, l’ultimo non attaccante ad aver vinto a Londra era stato Agassi nel 1992. Ma Nadal, che è tipo intelligente, non avendo il timing del Kid di Las Vegas, si gettò spesso a rete aggredendo campo, pallina e avversario con una ferocia agonistica inaudita. Sinner, giusto per fare un paragone, se lo sogna il serve and volley sull’erba, eppure Nadal lo ha sperimentato, persino contro un certo Federer, sfruttando intelligentemente lo slice esterno mancino per poi chiudere con una volée, di diritto o di rovescio che sia, tanto scolastica quanto efficace, vincente. Insomma, il Nadal “semi-erbivoro” ci mancava, abituati come eravamo alla sola versione pallettara sul rosso e sul cemento, ma fu una piacevole sorpresa, titoli strameritati. La notizia del suo ritiro dunque non ci sconvolge; il tempo passa per tutti. Sono le imprese che restano. E lui ne ha fatte davvero tante.

Andrea Curti