ROMA-Questo 2018 è senz’altro l’anno delle “prime volte” per l’eroe di Gstaad, alias Matteo Berrettini dal Nuovo Salario (con furore). In ordine temporale: a gennaio, quando il 22enne tennista romano era numero 135 del mondo, la prima partita vinta nel circuito maggiore sul cemento di Doha (contro il serbo Troicki n.55 dopo aver passato le qualificazioni). Sempre in gennaio, la prima volta in un tabellone principale di un Grande Slam, per la precisione gli Australian Open, dove come lucky loser ha perso con un triplice 6/4 di fronte al mancino francese Mannarino, allora numero 27. In febbraio la vittoria nel challenger di Bergamo, sul veloce indoor, dove il suo tennis forse si esprime meglio (bombe di servizio e diritto micidiale) e in marzo la sua prima apparizione (sempre come lucky loser) in un Masters 1000, ad Indian Wells, dove da n.108 ha rischiato di battere il talentuoso russo Medvedev (57). Al ricco challenger di Irving (150.000 dollari), sempre in marzo, Berrettini è giunto in finale eliminando il giapponese Sugita (40), il bosniaco Basic (89) e l’ungherese Fucsovics (65). In aprile, sulla terra di Budapest, quello che ha visto il lancio di Cecchinato nel tennis che conta, il ragazzo romano da numero 104 ha vinto il suo primo match in un ATP 250 cedendo al secondo turno di misura allo sloveno Bedene (57). Poi nella sua Roma in maggio il primo successo in un Masters 1000, da numero 103 sul next gen americano Tiafoe (63), e un bel po’ di spavento a Zverev nel primo set. La crescita costante è proseguita al Roland Garros dove il capitolino ha superato due turni (Otte e Gulbis) prima di lottare arrendendosi in quattro set al giustiziere di Cecchinato in semifinale, ovvero l’austriaco Thiem, 8 del mondo. Prima vittoria anche a Wimbledon in luglio; primo turno fantastico, superando in recupero, in cinque set, sotto di due set a zero con l’americano Sock, 15 del mondo, il suo scalpo più eccellente sinora. Già perchè lo spagnolo Bautista Agut, battuto nella finale sulle Alpi svizzere di Gstaad, è numero 17. L’exploit quindi era nell’aria e costruito a poco a poco da inizio anno; aver incamerato esperienza a certi livelli gli ha fatto estremamente bene, adesso sa gestire meglio le situazioni sfavorevoli e quando va a servire per salvare il set lo fa con calma e determinazione non italiana, quasi svedese, scuola Borg. Certo, oggi che è numero 54, è lontanissimo il brutto infortunio al ginocchio sinistro che gli ha fatto perdere metà 2016 facendolo precipitare al numero 883 della classifica. Ma in un anno e mezzo Berrettini si è ripreso gloria e onori, segno che la stoffa c’è. E se il suo coach Vincenzo Santopadre dice che il ragazzo ha ampi margini di miglioramento, specie negli spostamenti laterali aggiungiamo noi, c’è da credergli.

Andrea Curti