Djokovic, il nuovo Marchese del Grillo.

Finalmente la telenovela ha un lieto fine (che piaccia o meno): Djokovic giocherà gli Australian Open grazie ovviamente ad una speciale deroga degli australiani in virtù di un certificato medico, presentato dal numero uno serbo, di esenzione dal vaccino. Se esiste davvero questa esenzione nulla da dire, per carità, ma come al solito il personaggio Djokovic presenta più di un alone di ambiguità. Aveva cominciato il serbo nel giugno 2020 ad organizzare, tra Croazia e casa sua, un mini-torneo esibizione (l’Adria Tour) a scopo benefico e con gli spettatori sugli spalti, in piena pandemia, con tanti Stati in lockdown. I vaccini erano una chimera eppure stadio pieno, come se nulla fosse. E come se nulla fosse, baci e abbracci anche in discoteca la sera per la festa del torneo e dopo, inevitabilmente, un “simpatico” focolaio, contagi a go-go tra i suoi più fedeli proseliti (Dimitrov, Coric, Troicki e rispettivi allenatori e fisioterapisti), oltre a se stesso ovviamente. Due mesi dopo, agosto 2020, dopo aver battuto Raonic nella finale del Cincinnati, Djokovic annuncia la nascita di una nuova associazione di tennisti professionisti maschili, indipendente dall’Atp, nonostante la richiesta di “unità” sostenuta dai due fuoriclasse (e rivali di Djokovic) quali Federer e Nadal. Tutto prima via social e poi in conferenza stampa. E sempre dai social l’ultima chicca del Marchese del Grillo della racchetta: lui ci sarà agli Australian Open. Sorrisi e sorrisetti alla partenza e annuncio ufficiale ai fans, con un post rassicurante. Ma per chi? Primi sono gli sponsor, ovviamente, seguiti dagli organizzatori (che Slam sarebbe senza il numero 1 del mondo, oltre alle assenze di Thiem, Federer, ecc. ecc.)? Parlare di no-vax è inesatto, il serbo non ha mai smentito né confermato di essere vaccinato, come richiedono i tornei australiani. Lui, in quest’anno e mezzo, ha sempre taciuto sull’argomento. Ma certo è che il messaggio che passa è che “io so io e voi nun sete un…”: fosse capitato al numero 100, di presentare un certificato medico peraltro nel momento di record di contagi in Australia, sarebbe stato accettato? E’ questa la domanda che non ha risposta quale controprova.

Andrea Curti