Tutto in una partita, tutto in tre set, secchi e dominati in meno di tre ore di gioco, al chiuso e sulla sua amata terra rossa; Rafa Nadal, da numero 2 del mondo, schianta il n.1 Djokovic rifilandogli anche un eloquente 6/0 6/2 nei primi due parziali quasi fosse (Djokovic) un qualificato anonimo qualsiasi, un perdente predestinato. E invece era ed è semplicemente ancora il numero 1 del mondo, imbattuto nel 2020 dopo 37 partite su 37 portare a casa. I numeri di Nadal sono impressionanti specie sulla terra rossa: 13 vittorie a Parigi, la quarta consecutiva che coincide con la quarta volta senza neppure perdere un set in sette partite (era accaduto anche nel 2008, 2010 e 2017), e soprattutto ventesimo Slam all’attivo, eguagliato Federer che ha vinto l’ultimo (Asutralian Open) nel 2018. Che altro dire…Che forse l’unico ad impensierirlo è stato Bimbo Sinner quando, nel primo set del quarto di finale, l’altotesino è andato a servire sul 5-4 in suo favore, oppure nel secondo set dello stesso quarto quando sempre Sinner era avanti 3-1. Unici due momenti di imbarazzo tennistico per il maiorchino nel contesto di un torneo stradominato in lungo e in largo. Eppure questo del Roland Garros era soltanto il secondo torneo a cui lo spagnolo partecipava (nel primo, scivolone a Roma contro il terribile Schwartzman) dopo sei mesi di inattività per la pandemia. Che forse ha aiutato i “vecchietti” ad allungare la propria carriera a scapito dei vari Tsitsipas, Zverev e altri. Lo stesso però non può dirsi per il femminile dove finalmente si vede un volto nuovo, la polacca Swiatek, che dalle retrovie si è fatta strada sino a schiantare l’anonima Kenin, vincitrice quest’ultima degli Australian Open senza però dare un particolare nuovo apporto alla spettacolarità del tennis in gonnella. Invece la Swiatek ha dato prova di usufruire di un bagaglio tecnico vario e superiore rispetto alla mediocrità generale. Chapeau quindi a Nadal e Swiatek, Re e Regina di Parigi.
Andrea Curti
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