Il quinto squillo stagionale di Medvedev, arrivato forte e chiaro dai sacri campi del Foro Italico, sancisce come il russo sia competitivo anche sulla terra rossa, superficie (fino ad una settimana fa) poco congeniale al suo gioco “particolare”, stilisticamente imperfetto ma maledettamente efficace. Il Roland Garros 2023, che si appresta a cominciare, inizia già con il forfeit di Nadal; tanti musi lunghi e tristi per l’annuncio del campione spagnolo di non poter partecipare e chissà che proprio Medvedev non sia uno degli orfani della prima donna iberica, Orfani che sono ancora alla ricerca di un altro padre putativo, visto anche che il serbo Djokovic un po’ scherza col destino un po’ è inaspettatamente sulle gambe, nonostante le pause forzate per la vicenda covid-nocovid avrebbero dovuto ritemprarlo in corpo e mente. Saprà il campione serbo vincere sette match in due settimane sulla lunghezza dei cinque sets? E’ una bella incognita. Intendiamoci, Djokovic è ancora l’unico che resta in corsa per il Grande Slam, avendo vinto l’Australian Open dello scorso gennaio, e pertanto è di diritto nel novero dei grandi favoriti, tuttavia la sua superiorità non sembra più schiacciante. C’è l’altro iberico Alcaraz che, dopo Roma, ha ripreso la vetta mondiale della classifica ATP, c’è l’emergente danese Rune, c’è l’arrotino norvegese Ruud e lo sparapalle russo Rublev, e il dio greco Tsitsipas, quello forse più bello a vedersi ma non sempre l’estetica, la bellezza, è sinonimo di vittoria. E c’è poi il predestinato (così dicono) Sinner, 8 del mondo, sempre in procinto di fare il salto di qualità con la non matematica certezza che lo abbia già fatto, assestandosi alle posizioni che oggi più riguardano il suo reale valore. Per l’altoatesino, che forse si è tolto il vedovato per Nadal (lo spagnolo a Parigi lo fermò nei quarti e negli ottavi rispettivamente nel 2020 e 2021)   c’è al primo turno il francese Muller, 100 del mondo, di per sé non un ostacolo insormontabile, se non giocasse il casa il transalpino, e tutti sappiamo come sono sciovinisti i francesi. Pure nel capitolo italiani c’è una assenza grave, quella del romano Berrettini, ma la crescita in quantità più che in qualità (Musetti a parte) è innegabile. Così nel tabellone maschile gli azzurri presenti sono nove, sei di diritto e tre qualificati, un evento considerato che le qualificazioni di uno Slam equivalgono ad un challenger di alto rango. Detto di Sinner, a suonar la carica è appunto il toscano Musetti, 18 del mondo, che ha pescato il colored svedese Ymer, 53, un buon atleta ma anni luce distante per tecnica dall’italiano. Certo, la classe da sola non basta, altrimenti il ragazzo non avrebbe perso al Roland Garros  due match al quinto set, contro Djokovic nel 2021 e Tsitsipas l’anno scorso. Il terzo italiano in termini di classifica è il torinese Sonego, 45, che per la giovane età del suo rivale, il 20enne yankee Shelton, 35 del mondo, e per le sue poche attitudini al rosso, parte favorito. Ma occhio perché quando si accende Shelton son dolori. Il palermitano Cecchinato, dopo l’anno horribilis, è risalito sino quasi alla 70ma piazza, più o meno lo stesso numero con cui si presentò ai nastri di partenza di quella incredibile semifinale Slam parigina datata 2018 Il Ceck ha però un brutto cliente, il 19enne francese Van Aashe, con cui ha già vinto nella finale del challenger di Lisbona di fine 2022. In sei mesi però il ragazzo francese ha preso coscienza dei suoi mezzi, gioca in casa ed è dato favorito dai bookmakers; però il Cecchinato di quest’ultimo mese e mezzo è senz’altro vicino al suo optimum tecnico e fisico. La prima volta di Arnaldi (105) a Parigi equivale al battesimo nel mondo dei grandi per il 22enne ligure, che troverà dall’altra parte della rete il colombiano Galan, 90, battibile ma specialista del rosso. E’ invece alla 16ma apparizione parigina il veterano Fognini, sceso al 130 e forse alla sua ultima performance sul rosso del Roland Garros: contro il canadese Auger Aliassime, 10 del mondo, il ligure pare avere poche chances anche per l’incognita tenuta fisica. E poi ci sono i tre qualificati, tutti molto bravi ad uscire da tre partite vinte di seguito: al momento non ci sono ancora gli accoppiamenti del primo turno ma tanto il romano Cobolli quanto il piemontese Vavassori e il laziale Zeppieri hanno dimostrato tenacia e abnegazione, oltre ad aver espresso un buon tennis.

In campo femminile, sono approdate direttamente al primo turno sei italiane. La fiorentina Trevisan, 26 del mondo, ha pescato la Signora Monfils, la Svitolina, entrata col ranking protetto e ancora alla ricerca di forma e ritmo partita. La Trevisan ha la cambiale in scadenza avendo raggiunto la semifinale lo scorso anno, una motivazione in più per arrivare sino in fondo il più possibile. E’ la decima volta invece per la Giorgi (36) a Parigi; la marchigiana se la vedrà con la padrona di casa Cornet (50) con i precedenti 5-2 per l’italiana ma sappiamo che i francesi in Francia danno sempre il fritto per superare il turno. Un po’ il contrario della Giorgi che sembra sempre distaccata e fredda in ogni match. All’altra marchigiana, la Cocciaretto, è andata male in termini di blasone ma non tanto considerando il momentaccio della sua avversaria; infatti la Kvitova, campionessa di Wimbledon 2011 e 2014, dopo aver vinto Miami è sì tornata numero 10 del mondo ma ha giocato un solo match sul rosso, a Madrid, peraltro perdendolo. Alla toscana Paolini, 52, reduce dal bel successo al 125 di Firenze, è toccata la rumena Cirstea, 31, molto brava dei colpi choppati, avversaria difficile da affrontare. Si rivede la Errani, salita al 70 dopo aver preso punti nei challenger; per la bolognese, finalista a Parigi nel 2012, semifinalista nel 2013 e quarti 2014 e 2015, ora l’ostacolo Teichman, svizzera n. 75, che vanta un ottavo di finale al Roland Garrosi di dodici mesi fa. Chiude il cerchio la più sfortunata dell’intera pattuglia azzurra, la riminese Bronzetti, ora 102 (ma salirà in classifica dopo la finale raggiunta a Rabat), intenta a dar battaglia alla number ten tunisina Jabeur, una delle poche giocatrici talentuose in circolazione. che però a Parigi non è mai andata oltre il quarto turno.

Andrea Curti