Quando ci si misura contro uno dei tanti uomini “senza bandiera”, ovvero il russo Medvedev, significa che si è a buon livello. Se poi si vince allora l’asticella si è alzata. Ora Sinner fisicamente è in formissima e anche oggi, nella finale di Vienna, lo ha dimostrato dopo oltre tre ore di lotta: mentre il suo rivale accennava a crampi e pareva stremato, l’azzurro saltava come un grillo e continuava a picchiare imperterrito come fosse la prima palla del match. Essersi aggiudicato un cotanto braccio di ferro col moscovita è sinonimo di condizione eccellente e ciò è un buon indizio per le finali ATP di Torino e la Coppa Davis di Malaga dove manca al tennis italiano un trascinatore, un vincente. Lì, in quelle due kermesse, Sinner dirà davvero chi è e dove può arrivare, perché di fronte avrà Djokovic e Alcaraz i quali, mentre lui gira l’Europa, si riposano per lo sprint finale della stagione. Per il momento godiamoci il fatto che a Vienna Sinner ha conquistato il decimo trofeo ATP della sua carriera, il quarto in questo 2023 (Montpellier, Toronto, Pechino e appunto Vienna) superando Barazzutti nel record delle partite vinte in un anno. Il successo è frutto dei miglioramenti fisici (negli spostamenti laterali) e tecnici, soprattutto nel servizio e nella velocità di palla nei fondamentali mentre, specie sullo smash, Cahill dovrà lavorare molto perché l’azzurro col corpo difficilmente trova la posizione più adeguata. Intendiamoci, Sinner non potrà mai diventare un volleatore sopraffino ma almeno ridare dignità in alcuni colpi potrebbe voler dire molto.
Andrea Curti
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