Al momento non c’è nulla da fare per Matteo Berrettini contro il numero 1 del mondo, troppa la differenza tecnica (specie nel rovescio) e di tenuta mentale: Djokovic, così come nelle precedenti tre volte, ha regolato il tennista romano infliggendogli una lezione di tennis a tutto tondo, e ridimensionando le ambizioni di leadership di Berrettini, il quale continua a perdere con i sei che lo precedono in classifica. La top-five per l’azzurro è ancora lontana (a meno che il serbo, Nadal e lo scomparso Thiem non si ritirino), però godiamoci il fatto non da poco che Berrettini è costantemente nei primi dieci del mondo e che giocherà il Masters crediamo ancora per diversi anni. La costanza di rendimento del tennista del Nuovo Salario è il suo biglietto da visita, una garanzia da tener stretta anche in considerazione della Coppa Davis che verrà. Quanto a Djokovic, vedremo quanto è immenso nei prossimi turni; al serbo mancano due partite, sei set, per centrare l’obiettivo di una vita, ovvero il Grande Slam, che in campo maschile manca dal 1969. Prima la semifinale contro quel tedesco Zverev che a Tokyo ha approfittato del calo fisico del serbo (ricordiamo che Djokovic era avanti un set e un break prima di perdere) per strappargli l’oro olimpico e che proviene da una striscia di 16 vittorie consecutive, poi eventualmente il russo Medvedev, 2 del mondo, che però un po’ rischia contro il giovane canadese Auger-Aliassime che sembra aver acquisito quella esperienza necessaria per aspirare alle zone altissime della classifica. Insomma, sono soltanto tre ragazzi a sovrapporsi tra Djokovic e la Gloria Eterna del Grande Slam; sono loro il futuro del tennis, Berrettini compreso. E forse anche Sinner, se riesce ad uscire dal suo gioco monotematico.

Andrea Curti