Chi ama il tennis vero non può dimenticare la mise bianca della ceca Jana Novotna, ex numero 2 del mondo, giocatrice dal talenti cristallino, che 26 anni fa vinceva il suo unico Wimbledon al terzo tentativo (finali perse nel 93 contro la Graf e nel 97 contro la Hingis) attaccando a tutto spiano. La vita le ha riservato la gloria sportiva ma è stata troppo cattiva con lei (e i suoi ammiratori) portandocela via nel 2017 dopo una lunga lotta contro un male incurabile, avversario purtroppo imbattibile per chiunque. L’iconico pianto a dirotto sulla spalla della cotonata duchessa di Kent, quei colpi sublimi tecnicamente, quella sua leggiadria nell’eseguirli sono passati alla storia e oggi (pianto a parte) sono rivissuti nella connazionale Muchova, solo 51 al mondo per via di una serie di infortuni da far concorrenza al miglior (o peggior?) Berrettini. Purtroppo sulla strada della tennista ceca c’era la nostra Paolini che inevitabilmente ne ha subito verve tecnica e scioltezza di movimento. Finché la Muchova è apparsa imbalsamata da fondo campo il match ha avuto equilibrio, addirittura la Paolini ha provato la fuga salendo 3-1 nella prima frazione, approfittando anche dei sette errori gratuiti della sua avversaria in quattro giochi. Francamente troppi. Poi l’incontro è girato. La Muchova versione Novotna l’ha attaccata spesso sulla debole seconda palla di servizio, ha fatto anche serve and volley chiudendo il punto ed ha risposto profondo, il tutto condito da lampi di genialità tecnica e tattica (tipo: “la Paolini è stanca? Bene, le faccio fare il tergicristallo!”). E’ inusuale nel tennis femminile moderno cotanta sagacia, anche in quello maschile per la verità, d’altronde non esiste solo il picchiare la pallina, diktat del prototipo maestro di tennis, così come il rovescio bimane invece che ad una mano. La Muchova ha riportato alla luce un back sopraffino che ha messo in seria difficoltà una Paolini comunque non al top fisicamente, complice la stagione intensa e le tante partite giocate e vinte, in singolare quanto in doppio. Così l’azzurra ha consegnato l’ottavo gioco con uno schiaffo al volo inguardabile e la sua avversaria ha chiuso 6/3 il primo set uscendo perfettamente dal servizio. Insomma, cinque giochi consecutivi per la ragazza ceca, che ha continuato nella seconda frazione a martellare la toscana (sempre più in ritardo negli spostamenti) con le variazioni di direzione e di colpi, disorientandola e non dandole mai l’opportunità di rientrare nel match; anzi, la Muchova tre volte su quattro ha vinto il servizio a zero, e persino nell’unico momento di impasse sul suo servizio (3-2 15-30 Paolini) la tennista ceca  ne è uscita indenne per poi mettere fine alla contesa con un imprendibile diritto a sventaglio. Applausi comunque ad entrambe le contendenti: alla Muchova per la qualità del tennis mostrato in campo e il traguardo dei quarti di finale raggiunto (per la sesta volta in uno Slam, la seconda consecutiva a Flushing Meadows), alla Paolini per essere uscita sorridente dal campo anche dopo una sconfitta in un ottavo di finale Slam.

Andrea Curti