Già di per sé una semifinale di uno Slam, addirittura di Wimbledon, cioè del torneo più conosciuto al mondo, vale soldi, prestigio e notorietà; eppure nella sfida di domani tra Djokovic e Sinner c’è in palio molto di più, la carriera. I motivi sono svariati. Innanzitutto per il campione serbo vincere l’ottavo Wimbledon significherebbe eguagliare Federer in vetta a Londra (quisquiglie…), portare a casa il 24° Slam in carriera allungando (forse definitivamente) nella classifica all time, e avvicinarsi a quel Grande Slam che manca negli Albi d’oro del tennis maschile da mezzo secolo abbondante. E che soprattutto manca nella bacheca dello stesso Djokovic, la cui intenzione potrebbe essere proprio quella di lasciare il tennis dopo un’impresa titanica del genere. Sinner dal canto suo è il terzo italiano di sempre a giungere in semifinale a Wimbledon dopo Pietrangeli (1960) e Berrettini (2021), anche il più giovane,se per questo, ma i suoi (beato lui) 21 anni se a livello nazionale fanno tenerezza, a livello mondiale (considerando i 17 anni di Becker, Chang ed altri vincitori di Slam) non lo sono. Non c’è dubbio che tra i due contendenti, entrambi adattati alla superficie ma non certo “erbivori”, Djokovic parta favorito, sia perché sui prati londinesi il serbo non perde dal 2017, sia per gli scontri diretti (3-0) con quello dello scorso anno sempre a Wimbledon a fare da cartina di tornasole, quando Sinner conduceva due set a zero prima di essere rimontato (a far la differenza fu l’esperienza e il fisico), sia per gli ostacoli che entrambi hanno dovuto superare per giungere al penultimo atto del torneo. In termini di classifica Djokovic ha superato l’argentino Cachin (68), l’australiano Thompson (70), lo svizzero Wawrinka (88), il polacco Hurkacz (18) e il russo Rublev (7), mentre Sinner ha sconfitto gli argentini Cerundolo (111) e Schwartzman (98), il francese Halys (79), il colombiano Galan (85) e il russo Safiullin (92). Intendiamoci, l’erba accorcia le distanze in classifica (o le allarga, a seconda dei punti di vista) per cui Sinner da una parte è stato bravo a tenere a bada avversari poco forti sulla carta ma agguerriti nel court, dall’altra è inequivocabile che il tabellone lo abbia aiutato ad arrivare tra i primi quattro dei Championship. Così come Djokovic anche Sinner, sia pur su una superficie a lui poco congeniale, si gioca una buona fetta della sua carriera e la possibilità di non restare a vita ancorato, lui che da molti è etichettato come predestinato, al numero 7 o 8 della classifica mondiale, bensì di spingersi oltre, magari agendo stabilmente nella top-five. Ci vorrà, per Sinner, molto più del rituale scaramantico di una spaghettata al sugo prima del match per venire a capo di questo Djokovic. L’importante è non fare frittate…

Andrea Curti