Si sa che i britannici, forse anche perché geograficamente staccati dal continente europeo, vivono in un mondo tutto loro e decidono autonomamente il da farsi, in barba alle regole internazionali. Così il Wimbledon che parte domani presenta una serie di anomalie ai limiti dello sconcio. La prima è l’esclusione dei giocatori russi (e dei “collaborazionisti” bielorussi) dalla competizione: via Medvedev, numero 1 del mondo (senza ancora vittorie nel 2022), via Rublev (8), Khachanov (22), Ivashka (40), Karatsev (43) e compagnia cantante. Qualcuno è contento perché c’è meno concorrenza, forse Nadal che punta dritto al Grande Slam (che manca dal 1968) dopo le vittorie incredibili di Melbourne e Parigi, e anche Djokovic, alla ricerca di continuità di gioco dopo la diatriba vax-no vax che lo ha tenuto lontano dai campi di gioco in diversi tornei. Pure Berrettini, che dopo la doppia vittoria Stoccarda-Queen’s parte tra i favoriti, ha meno diretti concorrenti, ma l’azzurro perderà tutti i punti della finale dello scorso anno perché, ed ecco l’altro scempio, quest’anno gli organizzatori hanno deciso di non assegnare punti in protesta con la situazione geopolitica internazionale. Cose da matti. Così Wimbledon sarà un mega torneo di esibizione dove chi gioca e passa i turni incassa soldi ma non migliora la classifica. Anzi, tornando a Berrettini, il romano uscirà dai primi venti del mondo anche vincendo, un danno enorme non per il suo conto corrente (interessa solo quello?) ma anche per il futuro dell’anno agonistico. Essere 20 (ad esempio agli US Open) significa affrontare prima i big nei tornei e perdere quella posizione privilegiata di classifica che quelli come Berrettini si sono conquistati col sudore e col merito. Insomma questo Wimbledon, surreale andava boicottato a priori; l’unico che può salvarlo è Nadal il quale vincendolo, come già ricordato in precedenza, avrebbe 3/4 di Slam e sarebbe proiettato a New York come Djokovic lo scorso anno, nella speranza di non farne la stessa fine. Lo spagnolo a Londra, pur non essendo uno specialista, vanta cinque finali con due vittorie (2008 e 2010), è un lustro che non arriva all’epilogo e a dire il vero l’idea di un Nadal nella leggenda non ci alletta granché ma è l’unico che può dare un senso a tutto ciò.
Andrea Curti
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