In una tipica giornata londinese, in cui la scrosciante acqua piovana s’infrange sul tetto del Centrale soffocando il rumore della pallina che viaggia a velocità altissime da una parte all’altra del campo, s’infrange il sogno del number one Sinner di iscrivere per la prima volta nella storia il proprio nome nell’Albo d’oro del torneo più prestigioso del circuito. A stoppare l’altoatesino è stato il redivivo russo “senza bandiera” Medvedev, che ha sfruttato forse il suo miglior stile di gioco per imbrogliare Sinner. Va detto che il match è stato orrendo, quasi un Rebolledo-Yzaga velocizzato, dove la rete è un optional, sta lì per essere ammirata ma. per carità, mai avvicinata. Così i due contendenti, nella prima frazione, mantengono il servizio e si approda al tie-break dove vige il “ciapa no!!; specie Medvedev fa un doppio fallo e due errori consecutivi col diritto così, da suo set point (con il servizio a disposizione) si passa ai ringraziamenti ufficiali di Sinner che porta a casa la prima frazione. Ma l’italiano, e ci fa specie perché Cahill (suo coach) è stato un attaccante, non cambia gioco, resta inchiodato a fondo, e il sornione Medvedev lento lento ma sicuramente più intraprendente domina il secondo set. E breakka l’azzurro nel terzo gioco, decisivo per il 6/4 nel terzo. A Sinner pare girare la testa, si ferma ma poi riparte alla grande; 6/2 e tutti al quinto. Qui però il calo fisico dell’azzurro è evidente; al quarto gioco è il russo a breakkare e a mettere la freccia del definitivo sorpasso; negli ultimi due turni di servizio Medvedev non lascia un quindici all’azzurro. Ma è giusto così. Per vincere Wimbledon serve altro, non solo palleggiare e sperare. Che gli serva da lezione, il tennis è altra cosa: viva Musetti.
Andrea Curti