Fosse stato un qualsiasi torneo non del Grande Slam, il giovane Sinner sarebbe rientrato nella stretta cerchia dei vincitori italiani dell’icona Djokovic (Cecchinato 2018 e Sonego 2020, tralasciando l’esordio nel circuito ad Umago nel 2004 contro Volandri). Invece la mega-esibizione di Wimbledon si gioca sulla lunghezza dei tre set su cinque, un altro sport rispetto alla solita competizione settimanale (neanche più la Davis ha il fascino del quinto set). Così il ventenne altoatesino si è fatto fregare alla distanza da un “vecchietto” che ha quindici anni di più, e forse ancora più talento e più mentalità vincente dall’alto dei 20 Slam conquistati da Djokovic sinora in carriera (complessivamente 87 titoli e 38 finali contro i 5 successi e 1 finale dell’azzurro, ovvero il tutto contro il nulla o quasi). Era una sfida improbabile alla vigilia ma per un’ora e mezza ha visto Sinner l’adattato salire in cattedra contro il maestro serbo il quale sornione ha aspettato che il ragazzo si sfogasse per rifilargli tre set consecutivi lasciando per strada solo sette games. La stoffa del campione, il resettare tutto e ripartire come se si stesse zero a zero sono state la molla che ha fatto girare il match in favore del serbo. Qualcuno la chiama esperienza, noi classe. Quella di Sinner non è una bocciatura, per carità, il ragazzo ha fatto il possibile per portare a casa l’incontro e la semifinale Slam, peraltro brucia non poter usufruire della caterva di punti che lo avrebbe proiettato di nuovo nella top-ten, ma Djokovic sui prati londinesi ha vinto le ultime tre edizioni e in un arco temporale di un quinquennio, è stato trascinato al set decisivo solo da King Roger Federer (nella finale del 2019) e dal cannibale Nadal, (semifinale 2018). Insomma carta canta, si sapeva che per battere Djokovic a Wimbledon non serve un “adattato” come l’altoatesino (peraltro senza un servizio incisivo) ma un erbivoro puro o un indemoniato stile Nadal. Il favorito resta Djokovic ma proprio un Nadal con il sangue agli occhi pensando al possibile terzo Slam dell’anno (e miraggio Grande Slam) potrebbe essere un outsider poco outsider.

Andrea Curti