Ce lo ricordiamo bene quando nel 1998 Davide Sanguinetti, zitto zitto, approdò ai quarti di finale perdendo poi una partita equilibrata contro l’olandese Krajicek che aveva vinto Wimbledon due anni prima (1996). Sanguinetti eguagliò quel maledetto Panatta-Dupré del 1979, con l’Adriano Nazionale che sottovalutando lo sgraziato belga, diede vita alla più grande delusione della sua memorabile carriera tennistica. Quindi circa ogni 20 anni abbiamo un azzurro nei quarti a Wimbledon (in tutto sono cinque) ma l’impressione è che Berrettini possa arrivarci altre volte. Perché Santopadre che lo allena è assai intelligente e ha capito che non basta un gran servizio e un diritto esplosivo, così ha escogitato il back di rovescio, la palla-corta e l’avanzata a rete sempre più frequente. Contro il malcapitato ucraino Ivashka, il tennista romano ha lasciato soltanto otto giochi (con 27 discese a rete vincenti su 32) sciorinando una prestazione esemplare, “partita solida, nella quale i break all’inizio di ogni set mi hanno dato subito fiducia e mi hanno fatto giocare con più tranquillità“. Il commento di Berrettini non fa una piega. Neanche quando pensa ai suoi record che sta a poco a poco abbattendo: “Da bambino sognavo di arrivare a questi livelli ma non credevo di poter mai raggiungere una posizione del genere. E’ invece sono qui, incredibile!”. Già, gli esteti del tennis non navigano in un brodo di giuggiole ma poco importa: vedere un azzurro stabilmente nella top-ten con ambizione Masters è qualcosa di straordinario per il tennis italiano. Per fare la storia del tennis ancor più marcatamente Thor Berrettini dovrà brandire la sua racchetta contro il colored canadese Auger-Aliassime, numero 19, che è uscito indenne dopo oltre quattro ore di lotta contro il n.6 del mondo, il tedesco Zverev. L’italiano e il canadese si sono già incontrati due anni fa nella finale di Stoccarda vinta da Berrettini in due set molto combattuti durati 110 minuti, che sull’erba è tanto. Entrambi avevano due anni in meno come uomini e come esperienza tennista in generale; di certo il romano è giunto nei migliori otto di Wimbledon sudando meno, lasciando un solo set nel primo turno, quindi dovrebbe essere più fresco del suo avversario. Ma si sa che l’erba sfugge a qualsiasi pronostico.

Andrea Curti