Nonostante Cristiano Ronaldo la Juve non sfonda in Champions League e si ferma ai quarti di finale, onorevole traguardo massimo per la migliore delle squadre italiane nella competizione. E il calcio nostrano rivela tutti i suoi limiti perché il portoghese con altre maglie ben otto volte si era proteso oltre questo passaggio. Dunque, rovesciando i termini, Ronaldo non aggiunge competitività alla Juve ma semmai è la Juve che la toglie al portoghese negandogli quegli obiettivi vincenti che gli venivano naturali in carriera. La Juve perde contro un Ajax spumeggiante che ha giocato meglio (cioè non all’italiana) sia nel match d’andata che in quello di ritorno, che è stata spinta da un capitano di 19 anni (per noi Bernardeschi è ancora “giovane”) e che comunque rischierà di essere la semifinalista meno accreditata visto il blasone e il valore delle altre tre pretendenti al titolo. L’eliminazione della Juve crollata in Borsa (e la conferma di Allegri è sembrato un banale antidoto a questa piccola Wall Street) certifica la decadenza del calco italico, fermo alla conquista di una Coppa, peraltro meno prestigiosa, con il successo dell’Inter nel 2010. Ora in campionato si parla di agguantare posizioni utili per la Champions con club (vero Roma, vero Lazio?) che rischiano di non essere troppo competitivi. Si dirà: “l’importante è partecipare” ma non con il senso della frase di De Coubertin ma solo per il privilegio economico di arraffare denari certi con la sola iscrizione al più prestigioso torneo continentale per club. L’eliminazione ha confermato i limiti della Juve: Dybala è un mezzo campione, Bonucci è in declino e Rugani è terrorizzato dal commettere errori, guarda sempre verso il proprio portiere, un vezzo che non è da calcio moderno. Pieno merito al nuovo calcio olandesi ricco di talentini che saranno venduti per sbarcare il lunario. E chissà che proprio qualcuno di questi non venga acquisito dalla vorace campagna acquisti della Juve, una squadra che ha sempre bisogno di qualcosa in più ma che non spicca mai un volo pieno e compiuto.

DANIELE POTO