a-fine-partita-lite-davanti-agli-spogliatoiscintille-totti-spalletti-il-mi_3e372442-04bf-11e6-ad5f-9bfc463ea382_700_455_big_story_linked_imaROMA-Una vicenda di professionisti gestiti da dilettanti. L’addio storico di Francesco Totti dopo un quarto di secolo di Roma chiaramente doveva passare per un annuncio concordato a carico del calciatore, di gran lunga più carismatico su piazza rispetto alle figure del presidente Pallotta, dell’allenatore Spalletti, nel nuovo “pezzo grosso” Monchi. Perché gli altri arrivano da un punto e perverranno ad un altro mentre Totti permane, ed è la storia del calcio capitolino. Dunque una gaffe prolungata che passa in gran parte attorno alle assenze di Pallotta e alle manifestazioni ondivaghe di Spalletti le cui dichiarazioni sibilline ogni volta possono prestarsi ad equivoci. La beffa più atroce sarebbe se Totti maturasse l’idea di trasferire armi e bagagli da calciatore su altra piazza. Un tradimento calcolato in fine carriera che sarebbe imperdonabile stonatura rispetto a un idillio venticinquennale. Per altro verso chiediamo veramente a tutte le persone che sanno ragionare con la propria testa se un Totti direttore tecnico potrebbe essere realmente utile alla Roma o solo un francobollino appiccicato nell’organigramma della società e senza potere effettivo. Tutti sanno e si rendono conto di questo limite. Non tutti i calciatori riescono a fare il salto che è stato a suo tempo di Braida e ora di Tare. Anche Totti è conscio della propria inadeguatezza e si specchia ancora nella propria immagine di calciatore, meglio se decisivo. Sicuramente degno di giocare un tempo più che di pietire dall’allenatore i fatidici cinque minuti. Una ricucitura formale è ancora possibile, quella sostanziale ormai inapplicabile.

Daniele Poto